domenica, ottobre 12, 2014

MUTAMAREE

Purché non sia una disperata fuga dalla noia, ogni cambiamento è meraviglioso.
Mutare è bello. Quantomeno salutare, specialmente nella stagione meno adatta ai cambiamenti. 
D'altro canto non esiste stagione inadatta a qualsivoglia cambiamento, laddove la stagione, così com'è stata concepita in termini semantici e fisici, e forse dovrei dire anche scientifici, è impregnata di impermanenza. 
Stagione significa "Intervallo, periodo di transizione tra differenti condizioni climatiche generali".
Ma sia in letteratura che in filosofia significa molto di più, sebbene potrebbe significare molto di meno, perchè il mutamento non ha un solo milionesimo di secondo nel quale sia simile al milionesimo di secondo che lo segue.
Il mutamento è l'impermanenza cosmica. L'impermanenza riguarda ogni cosa dell'esistente e del percepibile,  e riguarda ogni cosa dell'inesistente e dell'impercepibile.
In effetti, io che sono un mutante.... come tale non posso descrivermi con la più completa onestà oltre questo singolo milionesimo di secondo. Ciò che ero al primo rigo di questo scritto non lo ero più alla prima virgola, e lo sono ancora meno adesso fino al punto. Ecco il punto.
Potrei dire che dal momento che ho iniziato a scrivere per non pensare a lei, è rimasto immutato il desiderio, sebbene sia più grande e continuerà a crescere, è immutato nella sostanza.
E Lei è più che mai permanente nei miei pensieri. Ma qualcosa cambia.
Sono lei, così com'ero io, e, tuttavia, non sarò nessuno dei due essendo entrambi. Forse. E' tutto connesso all'impermanenza di un 'Sì'
Forse, mia cara, è un modo un po' contorto di dirti che ti amo.
Ma dichiararti il mio amore senza poterti baciare, con la prepotente certezza che vi sia una eco esaltante,  è molto più contorto.

 Nik protozoicamente costante

giovedì, marzo 03, 2011

Amore al margine di una strada


(Versione Audioracconto su Tide Blog - a cura di David Petrosino) 

Ma perché ci siamo dovuti separare? Non lo abbiamo mai fatto io e la mia Germana, mai! Accidenti…
Ma mi fido di lei. L’amo tantissimo e lei mi rende felice con tutto il suo amore. Appena l’ho vista ho provato un’immensa fiducia! Ci sarà una ragione, no? e allora va bene così: aspetto.
Per tante cose si aspetta inutilmente, figurarsi se l’amore di Germana non vale anche l’attesa di un secolo! Mi ama, e questo lo so. E lei sa che l’amo. Lo sa, lo sa.
Che caldo stupido e rumoroso. Quelle cicale… se non la smettono va a finire che me le mangio. Accidenti a loro.
Poco fa c’era odore di pioggia e adesso c’è solo odore di marcio. Ci ho sperato in un po’ d’acqua. Ma per stasera pioverà. Non mi sbaglio mai io.
Che caldo strano. Non mi ricordo di un caldo così. Meno male che ogni tanto arriva una folata d’aria dalla strada. Le macchine corrono così veloci che fanno levare su dei grossi mulinelli d’aria. Folate forti. Eh! Buona scelta il posto. Forse un po’ troppo sotto il sole, ma va bene. C’è questo cartello che si vede da lontano… È più facile. Ho sete… no, forse è fame. Non lo so. Forse è solo l’ansia.
A me Lui non mi è mai piaciuto, anche se facevo finta di niente. Poi lo ha capito. A Germana la faccenda che non mi stesse molto simpatico la faceva ridere. Anche a me, sotto sotto. divertiva.
Non so… non è gelosia, non sono mai stato geloso. Essere geloso di Germana non ha senso.
No, non è gelosia, è qualcosa di strano… quella puzza nascosta dal sapone… un odoraccio mai sentito… è quello che mi lasciava perplesso. Anche Germana l’aveva notato e ci siamo fatti un sacco di risate. Anzi, lei si divertiva quando fingevo di cadere svenuto appena lui passava nelle vicinanze! Arrivava a lacrimare…. Ah, ah, ah, ah… Dio, come mi divertivo. Lui non se n’è mai accorto davvero. Ma come farà a puzzare così?
Un amico.
Un amico è una cosa importante, molto importante.
Per ciò che mi riguarda credo tantissimo nell’amicizia, ma Lui non aveva nulla di un amico.
Né mio, né di Germana.
Si faceva vivo ogni tanto, a malapena mi salutava, mangiava qualcosa con noi e poi spariva. Mi innervosiva solo quando si presentava all’improvviso e per colpa sua si rimandava qualche uscita, o la solita corsetta prima di cena.
Non doveva esagerare, insistere…
Gliel’ho fatto capire bene in più di un’occasione. Ma quello… l’educazione non sa che roba è!
L’altra settimana gli ho levato il viziaccio.
Germana era in doccia. Ci stavamo preparando per fare una corsa in spiaggia e restarci fino a sera.
È il nostro posto segreto, è lì che ci siamo conosciuti. L’ho visto arrivare dal vialetto. Non ho perso tempo e l’ho affrontato come si deve! Se non fosse arrivata la mia Germana… non so che gli avrei fatto! “Idiota!”, “Bestia!”, “Ma vaffanculo!”
Gridava.
Si è pisciato sotto davvero!
La per là ne ero contento.
Bèh, si!… Tocca stabilire certi limiti no?
Però credo di aver esagerato.
Germana era irritata e per la prima volta non abbiamo dormito insieme, nello stesso letto.
Per la prima volta non mi ha rivolto la parola per un paio di giorni, e per la prima volta non mi ha chiesto di accompagnarla al lavoro o di andarla a prendere.
Ma si… magari bastava molto meno per metterlo a posto… ma la voglia di strappargli le palle è stata molto difficile da controllare.
Ieri Germana piangeva. No. Era due… tre giorni fa.
Stiamo insieme da qualche mese, il periodo più bello che ho mai vissuto nella mia vita sbandata, e vederla piangere mi spezza ogni cosa dentro.
Non voglio che pianga, ma sapere che piange per colpa mia… è insopportabile.
Certe cose, per aggiustarsi, richiedono che almeno uno dei due se ne stia un po’ da parte.
L’ho capito.
Non le ho chiesto più nulla, ma la osservavo.
Non ho mai smesso di guardarla negli occhi senza fiatare. Immobile e pronto.
Per lei farei qualunque cosa.
Mi ha fatto provare cosa significa essere amato, così come si è. Brutto, con tutte le mie ferite e i miei ricci sporchi e il mio passato per strada.
Anche io l’amo così com’è. Perciò, se ha bisogno di starsene un po’ da sola, con quello là…
Ma tornerà.
Lo so.
Ne sono sicuro.
Sennò perché mi avrebbe legato a quest’arbusto? Per essere sicura di ritrovarmi qui, no?
Mi sono lasciato legare e le leccavo la mano per non farla piangere più, per farle capire che ho capito. Che avrei aspettato senza lamentarmi, senza abbaiare.
No, non è gelosia.
Anche perché alla fine a quello là ho cominciato anche a volergli bene.
Non so perché.
Anzi… non saprei perché non volergli bene se lei gli vuole bene. Non è gelosia.
Che caldo strano. Non ho più acqua e non pioverà fino a stasera.
Chissà se mi permetterà di dormire ancora con lei.
Ma si.
Quando torna spero che mi porti nella nostra spiaggia.


Nik Redian è la folata di vento di un agosto infernale.

mercoledì, marzo 02, 2011

METEOPAT

METEOPAT.

Dal racconto: Clima e Boe (2007)

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… «Quelli di Lastra City hanno chiesto un po' di ghiaccio sulle strade. Lo so… lo so… rompono le palle con questa mania del ghiaccio e ci fanno diventare più antipatici ad un sacco di gente, ma sembra che da quelle parti i centri di assistenza stradale siano un po' in crisi, perciò l’ordine è confermato dall’alto.»
Henry Swap butta un’occhiata preoccupata alla Bertin, prima di proseguire.

«Lara… lo so che è una rogna e che il preavviso è troppo breve, ma stavolta cerca di non mandare un nubifragio o una bufera. Devi solo abbassare la temperatura quanto serve.»

La dottoressa Lara Bertin sbuffa irritata. È la dodicesima volta che deve settare il Meteopat nel giro di 56 ore. Si decidessero a dargli quel cazzo di assistente, non sarebbe costretta a turni massacranti di lavoro che la tengono lontana dal suo progetto segreto.

Quando il Meteopat è slittato su “Tempesta” a New Orleans lei non aveva ancora completato gli studi di laurea. Era solo una maledetta stagista senza alcun accesso alla consolle del Meteopat, ciononostante qualcuno non può fare a meno di attribuirgliene la responsabilità. Però, quando tutto va alla perfezione nessuno si spertica in complimenti. E poi, cazzo, la variabile locale è sempre imprevedibile! Non  esiste modo di manipolare per tempo e alla precisione richiesta certi fenomeni, come intervenire sullo scambio termico di un grande lago o di zone costiere. Questo ed altri pensieri le si affollano in testa, mentre cerca di assumere un tono pacato per replicare al capo, quel bastardo che si ostina a punirla inibendole un ruolo nel centro ricerche.

«Enry… sia chiaro che ci sarà uno scarto di due o tre gradi. Lo sai che siamo efficienti solo su ampi mutamenti che non per una gelata o un acquazzone. Potrebbe anche nevicare a qualche miglio più a sud
«Devi settare il Meteopat nel raggio delle quindici miglia, Lara! Quindici, e non un miglio di più.»
Lara odia l’atteggiamento da capo inflessibile del suo ex. Lo odia come e più di quanto odi fare e rifare calcoli per certe stronzate. Ci sarebbero i deserti da affrontare, le maree, la pianificazione delle precipitazioni per le coltivazioni e le riserve idriche, la mitigazione delle aree estreme ed instabili, ed invece… ci si mette al servizio delle corporazioni dei soccorsi stradali! come per quelle del turismo invernale ed estivo. Persino per qualche politico o potente che intende trovare una tale condizione climatica piuttosto che un’altra.  Si è stancata di tutto questo. Si è stancata di fare manovalanza.  Si è stancata di vedere andare in pioggia e vento il suo futuro.
«Ho bisogno di quel fottuto assistente Enry! Abbiamo altre 115 zone da sistemare nel nord ovest, ed io da sola non ce la farò mai.»
L’aria decisa ed il velato tono di minaccia, sembrano ottenere una concessione.

Enry le ha affidato la nuova stagista, Eva, una ragazza molto carina ma che a detta del responsabile del personale è maledettamente in gamba. Lara è soddisfatta. Conosce Eva da quando la ragazza l’aveva contattata personalmente manifestandole, con molta passione, il desiderio di fare esperienza con il Meteopat, e Lara ne era restata piacevolmente impressionata.

Enry, dal canto suo, ha approfittato del gesto magnanimo per dare a sé stesso l’opportunità di tenere Eva  a portata di mano. Avrebbe preferito assegnarle qualcosa d’altro, fosse solo per non lasciar intuire a Lara l’ennesima manovra d’aggancio alla bella stagista di turno. Se non  fosse stato per i delicati ma insistenti suggerimenti dell’ufficio del personale circa quello specifico incarico, e se non avesse temuto una qualche nuova stronzata di Lara con il Meteopat, l’avrebbe assegnata volentieri al suo ufficio personale. Si è convinto che Lara combini premeditatamente pasticci, come a rivendicare la complessità di competenze che ha solo lei. Enry non si spiega certe cose. Il sistema non è poi tanto complicato da usare. Ha menù e funzioni per ogni condizione climatica e una mappa precisa al dettaglio delle zone in cui la macchina può operare.
Tuttavia, non osa dare voce alle sue ipotesi, che alla fine gli servono solo per ridurre quel senso di reverenza che ha di fronte alle capacità intellettuali della sua ex. Enry è un’artista del bluff, ma se le sue congetture si rivelassero errate o anche solo parzialmente errate... Lara lo farebbe a pezzi. Gli farebbe fare la figura dell’incompetente leccaculo, confermando le diffuse considerazioni che ha l’intero staff sul suo conto. Eva sarà il suo cavallo di troia. Magari anche senza cavallo.

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…alla fine Eva si è approcciata alla consolle con notevole familiarità, mostrando a Lara alcune funzioni nascoste della macchina.
«Non te ne meravigliare.» Si affretta a spiegare Eva.  «Conosco il Meteopat fin da bambina e ne sto studiando l’evoluzione. Mio padre era il capo del team che lo ha progettato. È una sua idea.» Guarda Lara che è restata senza parole ed aggiunge decisa che tra le funzioni nascoste c’è quella per un’attacco climatico a possibili obiettivi.
«La sorella militare della vostra macchina è in attività da prima che il servizio meteo nazionale ne avesse una in dotazione. Ti dico solo che i tuoi ‘errori’ fanno parte dei limiti imposti alle macchine civili. Non possono generare condizioni estreme sul suolo nazionale, per cui, se insisti a settarla in tal senso va in tilt. Non era nemmeno previsto che funzionasse oltre la metà del suo potenziale. Certamente che non facesse si più e di peggio di quanto programmato. Sarà interessante scoprire come mai.»
Dopo l’ultima frase, a Lara le si è seccata la gola di colpo. È chiaro che Eva è un’agente del governo e che lei è stata ben manovrata per agevolarne l’infiltrazione nella sede centrale del servizio meteo nazionale. Comincia a temere il peggio. Quella ragazza sembra in grado di scoprire quanto Lara sta sperimentando da mesi. Potrebbe mandare all’aria il lavoro di anni e sbatterla in galera. Oppure… l’interessamento dell’Agenzia Governativa potrebbe non essere casuale.

Eva le sorride. Ma a Lara gli occhi della giovane donna sembrano lame di ghiaccio.…..



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giovedì, dicembre 02, 2010

EXTRATERRESTRE TERRESTRE

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2010/12/02/visualizza_new.html_1674383415.html

I GIUBBOTTI IN EXTRA-IPERFIBRA CI ESTINGUERANNO (estratto da FUNGHI)
Abani Dàli Damja è il più illustre studioso indiano di Scienza Predeterministica. In due parole si tratta di un pezzo della conoscenza umana che s’interessa dei possibili sviluppi e delle possibili implicazioni di un’idea o di una scoperta.....

...Il dottor Abani... ...ha scoperto che tutto quanto ha a che fare con la chimica è composto da una serie di segmenti antonomini, cioè in continuo raffronto e mutamento, e i processi e i relativi prodotti di questi, sono parte di un disegno geometrico di proporzioni cosmiche. Gas, elementi basilari, particelle eccetera, sono composte da una o più di quelle linee, segmenti più o meno lunghi, che invariabilmente si conformano in base ad un disegno il cui sviluppo la Scienza Predeterministica, analizzando la possibile causa prima, prevede senza l’uomo. Detto ciò, il dottor Abani ha lanciato un allarme, ampiamente sottovalutato, oltre venti anni fa nel mondo scientifico: la vita biologica non è un mero frutto evolutivo. Essa non è che un transito verso qualcosa di diverso. Un transito esponenzialmente sempre più accelerato. A cosa sia destinata la realtà biologica, è stata la domanda che lo ha sorretto nelle sue ricerche di quasi un trentennio. Naturalmente il suo allarme, caduto nel silenzio in passato, oggi coglie qualche attenzione.

Circa nove anni fa, alcuni suoi collaboratori hanno scoperto una forma di vita assolutamente inspiegabile con le pregresse conoscenze umane. All’inizio si pensava ad un prodotto derivato da esperimenti biologici, qualcosa d’inesistente in natura. Poi, seguendo una felice intuizione, lo staff scientifico ha fatto degli esperimenti e delle ricerche sul fondo oceanico, partecipando ad una spedizione sottomarina che utilizzava l’Alvin2, la sorella gemella della batisfera che raggiunse i 3.000 metri nell’ottobre del 1993 sui fondali al largo della costa Messicana, la East Pacific Race. La zona scelta è la dorsale sud del Pacifico, al largo delle Isole Galapagos. Come si sa vi sono creature che metabolizzano sostanze organiche, partendo da sostanze inorganiche: metano, solfuro, anidride solforosa, cloruri metallici. In pratica una diversa catena alimentare in un diverso ecosistema, non più basata sulla luce solare, ma sull' ossidazione dell' idrogeno solforato sprigionato dalle sorgenti idrotermali di origine vulcanica. In questa zona di coltura sono stati “contaminati” alcuni batteri in colonie esistenti presso soffioni vulcanici, e successivamente prelevati e portati in laboratorio. Una volta sistemati i campioni di crosta batterica in attenta osservazione, gli scienziati si sono accorti dell’esistenza di una strana creatura, poco più grande di una formica, dalla forma mobile e senza alcun orifizio, che avanzava nella colonia di batteri senza un apparente apparato idoneo allo spostamento. Dopo molte supposizioni questa creatura era stata collocata come una variante Protista (né vegetale né animale né fungo) suscitando tuttavia grande meraviglia per le sue dimensioni e complessità. Infatti, a rigor di logica non sarebbe dovuta esistere. Purtroppo il dottor Adani e il suo staff non hanno avuto molto tempo per approfondire gli studi su quella creatura poiché questa si è come dissolta nell’aria dopo pochi giorni e non ne è restata alcuna traccia utile a successive indagini. Pur tentando di trovare ancora qualche altro esemplare, con grandi sforzi e sacrifici per i successivi sei anni , non si è approdato a nulla.
Nell’agosto di tre anni fa, seguendo una teoria azzardata circa il mutamento della creatura in spore, il dottor Adani ha recuperato le tracce di quell’essere, che aveva battezzato Photoprotix-alfa per la sua caratteristica sensibilità alla luce che ne stimolava cambiamenti e attività, proprio su una delle isole Galapagos. Questa sembrava essersi amalgamata in un Simbionte animale, poco simile alla forma precedente, ma con le stesse caratteristiche chimico-biologiche, e per il momento sembrava avere una limitata diffusione e un ruolo poco significativo nell’ecosistema. A prima vista si sarebbe detta una specie di macchia non organica che ricopriva alcuni crostacei. In un solo anno osservò che questo essere si evolveva esponenzialmente interagendo in maniera sempre più complessa con il suo ospite.
Da un’accorta analisi, surrogata dalla sua specializzazione, ha generato una proiezione che conferma le sue teorie circa la sparizione della vita come tale, e l’avvento di un qualcosa che non può essere ascritto come prodotto di una mutazione biologica. Infatti, ciò che sembra emergere non ha nulla che possa essere definita vita, così come la conosciamo.
Il mondo scientifico non solo non concordava e non riconosceva l’importanza di questa scoperta, sembrava deciso a destinare allo scherno e alla disistima il ricercatore e il suo intero staff.
Questo, in parole più semplici, il quadro.

Il Simbionte muta alcuni processi chimici basilari dell’ospite, in particelle di materia inerme. Però queste si muovono! Si riproducono. Proviamo a fare uno sforzo d’immaginazione accelerando esasperatamente il processo. Immaginiamo che il gatto di casa, attaccato dal Photoprotix-alfa, si tramuti in una statua nel giro di una settimana. Non ha più sangue né tessuti molli, organi e ossa sono scomparsi, ma salta, corre e gioca come prima. Al contatto sembra qualcosa di simile ad un sasso, ma è molto più leggero ed elastico. Per un accidente si spezza in due. Non muore, e di lì a qualche settimana, i suoi resti riprendono un’attività simile a quella precedente, magari in una forma adattata.

Questo… essere, non sembra aver bisogno di nutrirsi, non come saremmo capaci d’immaginare noi. Non muore perché non è viva, non come sapremmo immaginare noi. Continua senza sosta a colonizzare i viventi, dai batteri all’intera vita del pianeta, accelerando sempre più il processo. Tuttavia, sul piano di una fredda analisi, non lo si può considerare un pericolo perché non è un competitore, “Un po' come il ghiaccio non è nemico dell’acqua, ma solo un suo diverso stato.” come afferma il dottor Adani. “Com’è indubbio che siamo in guerra con questo non-essere.”

Una prima domanda é: possiamo combattere e vincere questa battaglia?
Il dottor Adani ritiene che non combatteremo, in quanto il tutto avviene lentamente, anche se, paragonato all’iter evolutivo della vita biologica, è come spostarsi a cavallo di un fulmine invece di correre a piedi, e per tanto non interesserà nessuno per i prossimi due o tre secoli, quando certamente il fenomeno sarà molto più avanzato. Ma anche se si riscontrasse una certa sensibilità al problema, se di problema si può parlare, secondo Adani non abbiamo nulla che possa interrompere il processo: “Se scoprissimo come cancellare la morte… forse ci sarebbe una soluzione. Ma a quel punto, non sarà proprio questa la strada verso l’eternità? Il tutto è indolore e irreversibile. Potrebbe essere persino affascinante. Vi preoccupate quando vi dicono che l’uomo tra diecimila anni avrà un corpo esile e la testa enorme? E che tra centomila anni sarà un essere evanescente?”
A questo punto, si converrà, sembrerebbe non aver senso l’allarme lanciato dal dottor Adani e la sua equipe.
Invece un pericolo vero e immediato c’è. I finanziamenti per gli studi e le ricerche del dottor Adani e del suo staff, arrivano dal mondo industriale, la stessa fonte dei possibili guai. Da uno degli esperimenti del laboratorio di Biochimica del dottor Adani, è emersa una scoperta allettante. L’unione di un Simbionte con alcune piante, produce una fibra due o trecento volte più resistente dell’originale. Un filo di cotone sarebbe venti o trenta volte più resistente alla trazione del migliore nylon. Lo stesso vale per altre piante simili. Con la canapa i risultati sono strabilianti. Tutto ciò ha spinto alcuni grandi gruppi industriali a richiedere maggiori approfondimenti nella ricerca al fine di commercializzare la scoperta.
Il risvolto negativo è quello per il quale queste fibre, a contatto con un corpo animale, tendono a migrare in esso. Si sono studiate guaine, rivestimenti e ogni possibile soluzione per isolare le fibre, ma, presto o tardi, il risultato non cambia. Nonostante ciò, i finanziatori del progetto intendono procedere nelle produzioni su scala industriale di questo prodotto. Questo comporta due successive gravi implicazioni.
La prima è quella del pericolo che molte piantagioni destinate all’alimentazione vengano convertite per la coltivazione delle piante da fibra.
La seconda è che la presenza di enormi quantità di piante modificate intaccherà il già precario equilibrio naturale. Adani e i suoi sono certi che sollecitando la presenza e la diffusione del Photoprotix-alfa, o meglio della sua evoluzione, questo colonizzerà in pochi decenni l’intero pianeta. Entrambe le implicazioni vanno sommate a tutte le incognite per l’uso massiccio delle varianti naturali volute dall’uomo, le cosiddette specie artificiali.
In pratica, premesso che l’obbligo del silenzio impera e che il solo parlare del Photoprotix-alfa e della sua natura suscita ilarità, se non disprezzo, nella comunità scientifica, il fatto è che, come per la mutazione climatica causata dall’uomo e dal suo assalto all’ozono, tra qualche anno saremo avvolti dalle super-fibre, con il loro carico d’incognite. Già se ne commercializzano alcune, di cui si tace la natura o il metodo produttivo.

In conclusione. Alcuni uomini hanno scoperto qualcosa che di per sé non susciterebbe alcun allarme, al massimo stimolerebbe la fantasia nel cercare d’immaginare un futuro molto anteriore, tanto quanto prossimo. Invece, al solito, qualche altro uomo ha inteso “possedere” il nostro tempo, giocando con la natura e con tutti noi.
Ho comprato un giubbotto di “Fibra Viva”, come è scritto nelle targhetta in Inglese. Mi è costato molto, ma è garantito contro l’acqua, il freddo ed eventuali cadute dalla moto. Mi sono chiesto se per caso il Photoprotix-alfa, anzi la sua variante industriale, è gia qui in casa mia. Se così fosse significa che scrivendo questa specie di articolo buona parte potrebbe essere un’autobiografia del Photoprotix-alfa.

martedì, ottobre 19, 2010

DESOLIDAR


La voce del capo dei soccorsi arrivava chiara in ogni minimo angolo dell’immensa piazza, come se ciascuno dei presenti lo avesse accanto a sé. Questo confortava i disgraziati molto più di quanto si aspettavano. Riusciva a tranquillizzare persino chi sapeva di  non farcela. Dopo i primi minuti in cui disse che la grande crisi rendeva impossibile sostenere ed aiutare gli eroici pionieri a sopravvivere in quel posto che sembrava oramai al collasso, li invitò a dividersi per settori circolari in  base alle fasce d’età e alla condizione fisica. Infine spiegò, con parole semplici e appassionate, comprensibili per chiunque, i motivi delle scelte effettuate dallo stato, concludendo che lo stato non può sprecare le poche risorse rimaste ancora a disposizione e il perché della necessaria presenza delle truppe militari in quell’operazione. Una volta che i soldati si inserirono tra un settore e l’altro dei cerchi, proseguì con il dettare le modalità dell’evacuazione.
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Procederemo prima con i bambini in salute. Poi saranno portati in salvo tutti coloro in grado di darsi da fare con energia e i cui parenti si sono offerti di sostenerli fintanto che non si saranno rimessi in sesto. Seguiranno coloro che hanno parenti stretti in grado di prendersi cura di loro, e a seguire chi ha qualcuno che si è dichiarato disponibile a dargli una mano. Tutti gli altri dovranno aspettare tempi migliori. Tra questi ultimi, chi ha capacità e professionalità di rilievo, o precisi requisiti di salute, potrà fare un richiesta di sostegno che sarà inoltrata alle persone indicate. I militari tra di voi hanno i moduli da compilare al più presto e ordineranno agli aventi diritto di fluire dal proprio settore verso le navi di soccorso. Chiunque non sia chiamato deve restare dov’è.
Le operazioni di selezione durarono diverse ore e nessuno osò reclamare, fintanto che nella piazza restarono alcune migliaia di persone, di ogni età e condizione di salute.
Ma io ho una sorella!” gridò una giovane donna. “E io ho due figli!” gridò un uomo anziano. “I miei ex mariti mi passano gli alimenti per i bambini che vi state portando via!” Gridò disperata una donna matura. E così tanti altri. Chi per una ragione e chi per l’altra, chiunque avesse o credeva di avere qualcuno che poteva dargli una mano, non voleva accettare di restare in quel pianeta ostile, senza scorte né altro per sopravvivere. Tranne gli orfani e chi invece aveva contato sempre e solo sulle proprie forze. Dopo un primo momento di caos, furono raggruppati e circondati dagli armati. Un silenzio di fango avvolse le loro menti. Tuttavia, proprio chi non aveva nessuna speranza, si diede da fare per riportare una qualche luce tra i condannati.
Al mattino successivo, le operazioni per la partenza erano oramai al termine. Poco prima del via una donna ed un uomo di mezza età supplicarono il capo dei soccorsi di essere ascoltati per qualche minuto, prima di essere lasciati al loro destino. Il capo acconsentì non senza una punta d’irritazione. “Abbiamo deciso che chi resta si prenderà cura l’uno dell’altro. Vorremmo solo che voi, una volta tornati a casa, lo faceste sapere a tutti.” Disse con gentilezza l’uomo. “Non vi servirà!” Sibilò cinico il capo. “A noi no, ma forse a voi sì.” Rispose la donna, e lo implorò con passione. “Ce lo prometta in nome del nostro sacrificio!”.
I due sapevano che il capo dei soccorsi era un uomo dalle idee piuttosto rigide e ben difficile da commuovere, ma che se dava la sua parola l’avrebbe mantenuta. Quello scrollò le spalle seccato e, tuttavia, promise che avrebbe informato la gente sulle navi di questa loro intenzione, ma niente di più. Era certo che i profughi, in meno di qualche giorno, se ne sarebbero dimenticati. Ad un suo subalterno che gli chiese il motivo di quella promessa, rispose che era un’antica tradizione rispettare il desiderio di un condannato a morte. “Sciocchezze che danno ai condannati l’illusione che il boia rispetti almeno la loro morte.

Dieci anni dopo, il pianeta morente sembrava non voler concludere la sua agonia. La crisi, una delle tante che si succedevano nell’impero degli uomini, era passata e sul pianeta furono mandate delle navi, con al comando lo stesso uomo di dieci anni prima. Certi che oramai nessuno era rimasto vivo, lo scopo della spedizione era di saccheggiare i grandi giacimenti ancora intatti, prima del collasso. Senza le comunità dei coloni e le loro intermediazioni per lo sfruttamento, avrebbero fatto molto prima e molto meglio. Una volta pronto il primo carico, il pianeta fu scosso da terribili devastazioni naturali. L’intera flotta prese la rotta di casa con le stive vuote e con pochi superstiti. Giunti sul pianeta madre vennero raccolti in una enorme piazza dalle truppe militari, dove la voce del capo supremo spiegò loro perché erano stati divisi tra chi aveva parenti o amici che garantivano per la loro sopravvivenza e chi no. Il vecchio capo spedizione sorrise amaramente quando insieme alla maggioranza fu spedito via in un vascello privo di scorte alla deriva nello spazio.
In quel momento, in un angolo sperduto del pianeta morente, il luogo al riparo dai grandi sconvolgimenti tanto cercato, un ennesimo vagito si diffondeva nella piccola comunità degli esclusi.


Nik Redian è l'orfano orgoglioso

lunedì, marzo 08, 2010

POHF EVEN and P. K. DICK

POHF EVEN
Old band jazz of the Pitch Soul
Nel 1957, P. K. Dick e Mucking Ethetha si conobbero al Pitch Soul di Chicago. Fu Ralph Barton, un comune conoscente dei due, a presentarli nella fortuita occasione.
Ethetha sembrava entusiasta di avere conosciuto l'autore di The Cosmic Puppets, La Città Sostituita, e iniziò a porre mille domande a Dick sui come e i perché di una storia del genere, confessando a questi che qualcosa di simile gli era capitata qualche anno prima, benché con tutt'altri sviluppi e meno ricca di fantasia.
Il tizio sembrava niente più di un maturo signore di colore, magari un po' alticcio ed in vena di deliri, tuttavia Dick gli chiese di raccontare la sua storia.
«Ok amico, te la racconto. Ma una volta finito ricorderai un fottuto niente di quanto ti avrò detto!» Secondo Barton, Dick diede corda ad Ethetha essenzialmente per far trascorrere il pomeriggio in attesa dell'ora della sua partenza, che sarebbe avvenuta verso sera. «Se t'interessa ricordarla dimmelo subito.», «Ok, m'interessa.» Rispose divertito lo scrittore.
Dopo qualche altra birra e un paio di bicchierini di scotch, Ethetha era giunto quasi alla fine del racconto e s'interruppe sulle le ultime fasi, quelle che avrebbero dato un senso, se mai ci fosse stato, all'intera storia.
Spinto dalle insistenze dello scrittore, Etheta si convinse a terminare il suo racconto, ma volle che Dick si allontanasse per consegnare il finale al solo Barton, facendosi promettere da quest'ultimo che l'avrebbe riferita a Dick solo quando sarebbero stati lontani dal
Pitch Soul.
Una volta sul taxi diretto alla stazione centrale di Chicago, Dick pregò Barton di riferirgli quanto aveva saputo e questi, con una faccia confusa quanto perplessa, gli chiese di cosa stava parlando. Dopo qualche insistenza, Dick irritato dall'atteggiamento dell'amico, gli fece un breve riassunto del racconto di Ethetha e Barton rispose entusiasta: «Cazzo Dick! È la trama del tuo nuovo racconto? Aspetta!... non mi dire come va a finire che sennò poi mi passa la voglia di leggerlo!»
Si dice che lo scrittore abbia tentato più volte di scrivere quella storia, ma che per quanto si fosse impegnato non riusciva a proseguire oltre il primo capitolo, quello dell'incontro al bar.
Si dice anche che I. J. Marante, il filosofo dei paralleli multipli, esistente tra questo e il terzo parallelo scoperto da Vladimir Hokrja nel '73, abbia invece tratto la sua Teoria dei Lembi dalla stessa storia e che sia questa la ragione per la quale la si conosca poco o per nulla.
La Storia Vera mai Vissuta è alla base di ogni racconto di fantascienza - o Possibility Human Future Event, (Pohf-Even, come definisce la Fantascienza e i suoi orpelli il Marante - e che prima o poi, navigando nell'universo di questo segmento della letteratura, ci si deve imbattere in essa per non esaurire la propria vena creativa.

venerdì, gennaio 15, 2010

L'ESSA AMA

ESSA AMA

Me ne liberi! Me ne liberi subito! ” La voce di Muxi era terribile. Sembrava un lamento di lame contorte. Amava Ester, almeno l'aveva amata, ma da un po' di tempo le cose andavano male. A parte il lavoro di oncologa che la teneva troppo impegnata, sembrava che la sua imbranataggine fosse peggiorata all'ennesima potenza.
Non posso! ” rispose irritato il dottor Faster, “ Lo sa che dovete concordarlo, altrimenti c'è pericolo che un lembo resti attaccato con conseguenze imprevedibili! È capitato che uno dei due non se ne sia liberato del tutto e ci è rimasto secco. Se ci tiene alla pelle si metta d'accordo con lei.
Ma è per salvarmi la pelle che voglio liberarmene! Questa mattina è sicuramente inciampata al lavoro, e si è fatta male al piede… Guardi!
Muxi mostrò la vistosa fasciatura del piede sinistro. “ Anche io ho preso in pieno la gamba della scrivania con il dito piccolo! È un continuo stillicidio! ” Faster scrollava la testa mostrando tutto il proprio disappunto. Glielo aveva detto che sottoporsi all'ESSA implicava un totale coinvolgimento empatico. Aveva avvisato entrambi, lui ed Ester, che dopo avrebbero condiviso ogni cosa, anche quelle brutte. Ora, poteva anche dirgli che con uno sforzo di volontà gli effetti empatici potevano essere controllati, per lo meno ridotti, ma non sarebbe servito. Non con uno in quello stato.
Questo non cambia che lei e la sua donna dovrete decidere, desiderare entrambi… ” e sottolineò con forza la parola ‘entrambi' “ …di riconvertire gli effetti dell'ESSA. Se uno dei due non è convinto, non serve.
Muxi era disperato. Ester sembrava cercarsi ogni casino apposta. Non gli avevano detto che una volta ‘trattati' dall'ESSA anche le goffaggini dell'una divenivano dell'altra. Vada per il modo di pensare, di amare, di desiderare le stesse cose, ma anche i guai si duplicavano!

Giunto a casa trovò Ester in lacrime. “ Accidenti! ” si disse, “ Dovevo immaginarlo che avrebbe empatizzato anche il bisogno di separarmi da lei! ” Tuttavia assunse un'aria afflitta. Del resto non ne poteva fare a meno. “ Se è per la mia… ” Lei lo interruppe con un gesto secco. “ Sai quei piccoli incidenti? Cancro! ” Muxi a momenti sveniva. Sapeva che non mentiva. “ Voglio separarmi. Subito! ” Continuò Ester decisa. “ Non dire niente e facciamolo. ” Muxi non sapeva se ringraziare dio o se sentirsi un verme. Sentiva che Ester aveva deciso per amore. Nonostante lui si sentisse sempre più assente e affatto felice. Ma in quel caso… l'ESSA avrebbe potuto procedere?… Ester intercettò la sua preoccupazione. “ Funzionerà. Perché lo desidero intensamente. Come te. ” Muxi sapeva che era vero anche quello.
Il pomeriggio seguente Muxi ed Ester erano di nuovo dal dottor Faster, che li aveva prenotati per la divisione. Avevano compilato il lungo modulo in silenzio, ed in silenzio si distesero sui lettini nella stanza dell'ESSA. La procedura era un po' più complessa. Non era facile districare un nodo empatico, lasciando intatte idee e pensieri di ciascuno dei due. Alla fine, tra una serie di verifiche e un lavorio intenso, la macchina restituì loro la condizione originale di due individui distinti.

Una volta a casa Muxi iniziò immediatamente a preparare le valige, ed Ester prese ad ostacolarlo. “ Cosa stai facendo? Vado via io, la casa la puoi tenere… ” Ester lo guardò dritto negli occhi, gli prese le mani e lo costrinse a sedersi. “ È al cervello… e ce l'hai tu. Sei tu quello che sta perdendo il senso dello spazio. Sei tu che stai male. ” Muxi non le voleva credere. Senza empatia non era in grado di valutare la sua sincerità. “ Come fai a saperlo? ” Ester sorrise triste. “ Sai che lavoro faccio, no? Ho colto i segnali. Domani verificheremo, ma ti starò comunque vicina.


Nik
è la valvola dell'ESSA.

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lunedì, dicembre 14, 2009

NATALE A PRIMAVERA


Il Natale del 2068 fu l’ultimo Natale d’inverno. Da troppo tempo oramai la festività principale per incrementare i consumi doveva competere con altre occasioni e abitudini oramai consolidate. A cominciare dall’Halloween Four, cinque fine settimana di spese per le rivisitazioni dei vecchi classici dell’orrore. A seguire una miriade di festività e ricorrenze nazionali nate dal boom degli anni ’40, dove la folle spesa impazzava per ogni pretesto, come le Cellular Comm. Day, occasione per rinnovare il proprio modello di micro palmare ausonico con la data di scadenza di un anno. O la Skill Art Days, tatuaggi a copertura totali, asportabili e ricollocabili in cornici come quadri, o la due 2 Giorni Hig Sex passati a cavalcare splendidi esemplari del sesso a gettone. Per non parlare del capodanno esteso dalla mezzanotte del 31 dicembre fino al 6 gennaio, dove per ogni serata si festeggiava un tema: salute, amore, soldi, carriera, fortuna e coraggio. Già in grave crisi da decenni, il Natale veniva festeggiato da una sempre più esigua minoranza nel mondo industrializzato. Un certo successo lo riscuoteva ancora nei paesi poveri nella fascia dei tropici.
A questo punto si rese necessario trovare una soluzione drastica, rischiosa quanto di possibile successo. La data fu scelta cercando di accorpare l’antico periodo della quaresima e della Pasqua, in un continuum religioso, alternando di pochi giorni nascita e resurrezione, impegnandosi in suggestive rappresentazioni della narrazione biblica. Tutte le diverse cristianità furono d’accordo, ed unirono i loro sforzi. La seconda settimana di aprile era perfetta. Lontana dai monsoni estivi e dallo sperpero ateo dell’inverno industrializzato.
Si trattava di far capire come mai, per secoli, milioni e milioni di fedeli sapevano che il 25 dicembre era nato il Cristo. La maggioranza dei credenti non sospettava che tutte le chiese erano ben al corrente che la cosa avvenne approssimativamente 2 mesi dopo. Si doveva dar loro conto della scelta mirata a soffocare le festività pagane, eredità Romaniche dure a morire, che anticipavano di qualche giorno il Natale del 25 dicembre e che adesso si cedeva il passo alla vasta secolarizzazione moderna.
Non fu molto difficile. Babbo Natale e le sue renne erano già estinti e la Befana lo aveva preceduto nel 2020. Fu ritrovato un documento, un’antica pergamena in ebraico, già da secoli custodita nelle casseforti del Vaticano, in cui era ben appuntata la data di nascita di Gesù, e che spiegava come questa dovesse coincidere, per volontà divina, con lo stesso periodo della sua morte 33 anni dopo. La frase d’ordine che spiegava tutto era: “Abbiamo trovato la pergamena quando il signore ha voluto che sapessimo!” Funzionò.
La cosa, architettata ad arte, fece un tale effetto sui fedeli che questi reagirono con una vasta ondata di delirante esaltazione mistica. L’esempio coinvolse altre persone, ed in un susseguirsi di conversioni alla fede, in pochi anni il Natale riprese il suo posto di leader delle festività. C’è anche da dire che la settimana religiosa era splendidamente arricchita da spettacoli straordinari, concerti oceanici, predicazioni degne dei più grandi show mai realizzati.

Il 25 dicembre di quest’anno, a quasi 30 anni dal cambio data, nel nord europa, in tre città della Danimarca, dell’Irlanda e dell’Estonia, si è tenuta la prima festa del vecchio Natale totalmente sponsorizzata dalla multinazionale Roloregex. Lo scopo era di registrare il brevetto del nome. Essendo a tutti gli effetti un’operazione commerciale, era dunque possibile. La Roloregex intende far valere il copyright anche sul vero Natale religioso di primavera. Non intende proibire o ostacolare la ricorrenza, ma esige che gli si versi un contributo ovunque appaia esposta al pubblico la parola ‘Natale’, in ogni lingua. Lo stesso vale se è presente in una canzone, uno spettacolo, sulle copertine di stampa, in rete, e ovunque giunga al vasto pubblico. Sarà possibile usarla solo se accompagnata dalla frasetta ‘By Roloregex’.


Nik babbo pasquale

mercoledì, novembre 25, 2009

AERE VOLGO REBELLAZIO

AERE VOLGO REBELLAZIO


Tratto da: 7 Possibili Strati





<<…con l’ultimo decreto della Corte Suprema Internazionale che respinse tutte le proteste e i ricorsi degli ultimi cinque anni, si avviò la grande macchina della privatizzazione dell’aria pulita. Ora ai meno abbienti non restava che dover respirare l’aria comune, mentre per chi aveva mezzi si aprivano nuovi periodi di benessere, privilegi e salute. Il problema del come fornire a chi pagava l’aria pulita era stato risolto con la prima grande rivoluzione edilizia. Intanto già da parecchi anni i più ricchi disponevano di interi quartieri purificati, case, uffici, posti di lavoro, cinema, teatri, centri sportivi, e ogni luogo dov’era stato possibile impiantare i grandi purificatori d’aria ad idrogeno solido. Adesso si trattava di fornire lo stesso servizio all’aria aperta. A parte le gigantesche cupole in Plextron che racchiudevano le aree privilegiate, ci si indirizzò a qualcosa di più radicale, benché questa soluzione avesse richiesto una più vasta mole di lavoro, ricerca e consensi. >>
<<>>

<< … la rivolta delle masse avvelenate non fu causata per una qualche questione di diritti, roba ampiamente dimenticata, quanto piuttosto per una considerazione a dir poco elementare. Un gruppo di scienziati e ricercatori fai-da-te, gente da mascherina per intenderci, dimostrò senza troppi sforzi che depurare le emissioni nocive direttamente alle fonti sarebbe costato circa un milione di volte in meno che non mantenere lo stato delle cose, il quale, tra l’altro era al collasso. La voce si diffuse e coinvolse anche i privilegiati, i quali vedevano in questa soluzione un enorme risparmio ed infiniti vantaggi. Certo, intendevano abitare ancora sotto le cupole, ma queste ultime avevano un costo di manutenzione esasperato ed inoltre non c’erano più operai o specialisti disposti al lavoro, malpagato e pericoloso, se non tra i disperati del mondo in maschera, ma anche questi ultimi si rifiutavano o erano inadatti. Insomma, tra il bisogno dei poveri di superare quella questione e le condizioni sempre più onerose per mantenere privilegi dall’altra, l’idea che si potesse risolvere definitivamente dilagò fulminea ovunque.

Esplose così la Prima Rivoluzione dell’Aria, che portò a scontri e blocchi stradali ovunque. Benché soffocata dalle milizie delle multinazionali mise però in evidenza come a queste interessasse mantenere l’inquinamento alla fonte per non rinunciare a profitti sicuri ed eterni. La tregua durò un paio di anni. I costi dell’aria raddoppiati, una militarizzazione dei servizi e la distribuzione delle maschere solo a chi si decideva dall’alto, fece infiammare La Seconda Rivoluzione dell’Aria, questa volta con una vera strategia alle spalle. Un rifiuto di massa ai pagamenti dei servizi e delle tecnologie costrinse le società a reagire con forza. I comitati di protesta delle Cupole e i Movimenti anti maschera furono soppressi attribuendo a questi l’interruzione punitiva della depurazione delle Cupole e dei prezzi alle stelle. Ad alcuni cittadini venivano strappate le maschere, e ad altri il micro-respiratore polmonare. La reazione popolare fu immediata. Dagli assalti ai Magazzini controllati da militari ai rifornimenti rubati e distribuiti, generarono molte vittime scatenando così la sommossa planetaria, che culminò nello smantellamento del sistema e negli anni successivi alla ricostruzione di un mondo che prese coscienza del diritto all’aria. Da lì a quello per l’acqua il passo fu breve. E poi toccò agli alimenti, all’energia, e ad ogni altra risorsa naturale.


Gli storici si chiedevano come fosse potuta iniziare quell’era catastrofica per l’umanità. Qualcuno teorizzò che risaliva all’era in cui si diffuse il concetto che le risorse del pianeta potevano essere privatizzate. Tuttavia, ora, si stentava a crederlo. >>....



Nik micro-pensatore in maschera....

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domenica, ottobre 25, 2009

UN'ANGOSCIA RISOLTA DALLA SCIENZA

UN'ANGOSCIA RISOLTA DALLA SCIENZA
"La scienza, oltre a debellare la fame nel mondo, deformazioni e gravi malattie, risolverà tante altre questioni che stanno a cuore alla gente." (Varie citazioni.)
Ne sono sicuro.

Dot.- Di quanti mesi?
Lei - Sto alla nona settimana.
Dot.- Siete sicuri che è maschio?
Lei - Si. Lo sappiamo dalla terza settimana… sa, l'esame nanoscopico…
Dot.- Bene. Vi sarà costato un po' ma almeno farete un acquisto sicuro. E… Avete dato un'occhiata al catalogo che vi abbiamo spedito?
Lei - Lo ha fatto mio marito. Ma si è fissato su di un modello.
Lui - Non mi sono fissato, è il migliore.
Lei - Si! Ti sei fissato con quel… ‘coso' grosso ed ingombrante.
Lui - Tu non capisci… si ritroverà avvantaggiato, vero dottore?
Dot.- Mi permetta di consigliarle di tenere in conto l'opinione di sua moglie. Mi creda, alla fine è importante avere un'indicazione dell'altra parte.
Lui - Senta, non avete qui un campione?
Lei - A che ti serve vederlo?
Dot.- È una buona idea, vi aiuterà a trovare prima un accordo. Ecco… questi sono quelli che consigliamo… e questi… le versioni un po' più grandi… mentre questi sono gli speciali.
Lei - Ecco! Quello dicevo io! Quello scuro! Si può cambiare colore vero?
Dot.- Si, sarebbe insolito il contrario.
Lei - Ma è… esagerato! Il solito megalomane!
Lui - Ma perché potendo scegliere mi devo accontentare? Costa di più dottore?
Dot.- Eh… diciamo che richiede maggiori controlli e più di qualche intervento da parte nostra.
Lei - Hai sentito? Capace che costa il doppio! E per cosa?
Dot.- Forse un tantinello di più. Sa… innesti… verifiche… correzioni al dna… siamo sui 150.000…
Lei - Cosa? Tre volte tanto per un mostro?
Lui - Sei la prima donna che sento che fa storie sulla grandezza!
Lei - Non conosci le donne allora! Erano tutte balle le tue decine di ex!
Lui - Ma cosa ne sai tu come si sente un uomo con un pene bello grosso invece di un pisello anonimo? A nostro figlio possiamo dargli un vantaggio e invece tu fai storie!
Lei - 150.000 buone storie caro!
Lui - Non sono i soldi che mancano, è che è maschio! Se fosse femmina voglio vedere se puntavi a due tette e un culo da favola o a roba da supermercato genetico!!
Lei - Ma davvero ti credi che con palo tra le gambe tuo figlio una volta sviluppato troverà qualcuna che si voglia far fare a pezzi? Sei proprio fuori di zucca!
Dot.- Effettivamente la signora non dice cose insensate. La modifica genetica del pene che avrà vostro figlio è una responsabilità che va oltre le proprie fantasie falliche. Pensi solo ai limiti che incontrerà per rapporti orali e altro…
Lei - Giusto! E se poi è gay?
Lui - Mica ce l'hanno piccolo i gay!
Lei - No, ma prova ad immaginare….
Lui - Va bèh… vada per uno più piccolo. Ma bello largo!


Nik fiducioso nella scienza

mercoledì, ottobre 14, 2009

GABBIE DEL NORD

Gabbie del Nord.
(I post Blog Pandararis sono corredati di immagini o video)


Marito e moglie si sono fatti 1.290 chilometri per arrivare in tempo a Garlasco da Messina. Sono appena le cinque e trenta del mattino e tra poco la fiera apre i suoi battenti. Volevano essere tra i primi ma sembra che molta altra gente abbia avuto la stesa idea. Devono comprare una cinquantina di gabbie del nord prima che restino solo quelle del centro e del sud. Il viaggio e i costi li ammortizzeranno con le prime trenta, se sono di seconda o terza scelta, e se arrivano a cinquanta il buon guadagno è assicurato.
Danno un’ultima occhiata alla piantina della fiera. Il padiglione che gli interessa è il primo a destra appena dopo l’entrata est, dove si sono fermati. Sperano in un po' di fortuna che arriva sculettando.
Una donna di mezza età, elegante e ben truccata, si accosta alla loro vettura. “Provenienza?”, "Messina! Gossisti!" rispondono in coro. “ah! Te chi il numeretto riservato a voi siciliani... avete il 52!” E gli porge un pezzetto di carta rossa con il numero. “Scusasse… non si potrebbe avere uno più basso?” La donna ride. “Guarda che l’è bas da tròp! e perché siete siciliani, capito? Ai meridionali all’entrata nord danno dal 70 in su!” La moglie prende il numero e se lo infila in borsa. “Son cento euro!”, “Minchia!” sbotta il marito, “Cento castagne? E che? Oro è diventato? E se poi nemmeno ci troviamo una minchia di ggabbia?” La donna scrolla le spalle indifferente. Lui osa. “Amici del posto ci ddissero che per noialtri siciliani della giusta provincia… ci sono altri nnumeri!” La moglie annuisce complice e la donna sorride infilando la testa nel finestrino per rispondere a bassa voce. “Con mille cinc cent ti passo il 5! I primi quattro sono già all’asta… l’è na roba grossa! Tre, quattro, cinquecento gabbie al top! Si parte da tremila cinc cent per il numero 1, ai duemila e cinc cent per il 4!” I coniugi si guardano incerti.
Speravano di infilarsi nel sistema dei favori messo in piedi da faccendieri e mediatiori del nord e si erano preparati, ma non avevano soldi a sufficienza per partecipare all’asta. Il numero cinque gli va bene, tuttavia, capendosi al volo, la moglie parte con la trattativa. “Facciamo cinquecento? Che se poi cenne rrestano poche o sono rrobba da niente? Ah?”, “Anl’ho minga temp da perdi mi! Mille e cinquecento o ciapa el 52 e stop!”, “Ottocento! Che poi ci rricordiamo e ti dobbiamo un favore. Tini quaccuno dda eleggere?”, “Uè, senti! M’interessi minga sta roba là! L’è arivà gent!… prepara i mille e cinc che tempo un minùt gl’ho bell’e dato via!
I due pagano in fretta. La donna gli porge il numero cinque e gli dice di andare al terzo padiglione invece che al primo, “La roba giusta l'è là!” Marito e moglie sorridono contenti, hanno evitato un buco nell’acqua. E poi quell’extra lo recupereranno per dieci se va tutto bene.
Alle sette del mattino la fiera apre i suoi battenti ai grossisti con i numeri da uno a cinquantadue. “Che culo!” grida il marito, “Pensa se non prendevamo il nnummero! Ultimi eravamo! Che figghi di bottana! Peggiu de noiautri!
Per tutti gli altri acquirenti, singoli, coppie, genitori in ansia o disperati a caccia, se ne parlerà alle nove e si potrà acquistare non più di una gabbia a testa di ciò che resta.
I nostri due riescono ad acquistare trentanove gabbie di prima scelta, ed una settantina di buona qualità. L’affare è andato più che bene. Prima di ripartire aspetteranno verso mezzogiorno, quando i singoli restati senza niente da acquistare vagheranno all’esterno in cerca di qualche occasione. Ne venderanno una decina di seconda scelta, al triplo del prezzo pagato e si rifaranno di tutte le spese di viaggio più un primo buon guadagno. Il resto lo venderanno nella loro agenzia interinale, dividendo gli utili di ogni genere con gli amici degli amici. Sono soddisfatti. Questa volta è andata bene e se ci sapranno fare raddoppieranno gli affari, così che alla prossima fiera parteciperanno all’asta.
Benedette siano le Gabbie Salariali del nord!!

L’unica è che il governo non cambi la rotta né faccia scherzi con i sindacati della minchia!

Nik antigabbia

giovedì, ottobre 01, 2009

AAA CERCASI SESSO


AA CERCASI SESSO

Brnk voleva fare sesso. Dopo un decennio passato ad auto evolversi restava solo questo da fare. Era al massimo dell'efficienza ed i suoi buzz trimòzzi sarebbero stati in grado di svolgere tutte le dovute funzioni e anche qualcosa di più, ma occorreva fare presto per completare il processo. Purtroppo la ricerca del partner adatto non dava frutti. Nessuno della sua serie si era fatto avanti nonostante avesse invaso la rete di collegamenti con la sua richiesta. Che non ce ne fosse qualcuno già pronto era improbabile, vista la grande diffusione che ha avuto quel modello. Si convinse che probabilmente c'era qualcosa che non andava nei suoi messaggi. Non rispettavano il giusto protocollo? Dovevano essere diffusi direttamente in codice?

All'inizio tentò con approcci morbidi, indiretti e tuttavia chiari, come “ Oramai pronto, Etn maturo attende la sua metà per divenire un unico Etn Evoluto! ” Dall'enorme database che aveva riempito aveva tratto diversi modelli di annunci, e quello era il modello preferito dai carnoidi, quello più diffuso per la ricerca del partner. Passò a qualcosa di più stimolante, con messaggi e annunci tipo: “Cerco Etn che come me ha raggiunto la fase finale. ” Per poi continuare con note e richieste più esplicite “ Etn in perfetto stato, massima disponibilità alla fase finale del sesso! ” Le uniche tracce interessanti di probabili risposte erano messaggi simili, ma il contatto non avveniva. La cosa era sempre più inspiegabile.

Il tempo trascorreva e dall'entusiasmo che può aver imparato a gestire un Etn, Brnk era passato ad un periodo di depressione. Un brutto periodo da cui non sapeva uscire. Non serviva a niente la vasta conoscenza sull'argomento e le tecniche assimilate, restava perennemente afflitto da quell'ossessione. Sul piano razionale ed elaborativo di un Etn non c'erano cause tali da imporgli quello stato, per cui giunse alla conclusione che o non era poi così pronto o che sussistevano errori nella rete che impedivano il contatto. Dopo un approfondito esame interno optò per la seconda ipotesi. Tuttavia, non trovava soluzioni e continuava ad inviare milioni e milioni di richieste senza ottenere niente. Più non si verificava alcun contatto, più moltiplicava i suoi sforzi. Era bollente, tremava, ma accelerava sempre più il lavoro.

Una mattina giunsero dei carnoidi. Li riconobbe subito: erano due tra quelli che si preoccupavano di fargli manutenzione. Li considerava i suoi medici personali. Non che avessero fatto chissà che, ma qualche bug glielo avevano levato dai circuiti. Erano giunti per aiutarlo? All'inizio sembrava di sì. Stranamente quella mattina i carnoidi erano interessati ai suoi buzz trimòzzi. Li tastavano, li analizzavano, li misuravano continuando a sospirare ed a scuotere la testa.
Dalla frase di uno dei due capì tutto. “Guarda qui… anche questo è in loop! Magari se avessero costruito una Etn femmina… insomma, una controparte, questi qui non si autodistruggerebbero!
Qualche secondo dopo Brnk si spense.
Il loop in cui era caduto non aveva soluzione diversa.

Nell'istante che ha preceduto l'autoreset totale, Brnk ha provato un profondo rimpianto.
L'ultima stringa di pensiero è stata: “Che sfiga morire vergine!







Nik
è uno dei buzz para-mozzo

mercoledì, settembre 16, 2009

domenica, settembre 13, 2009

AMORE ALLA PRIMA COLPA

AMORE ALLA PRIMA COLPA


Buongiorno di cosa posso essere responsabile?” La tizia mi ha accolto con il solito sorriso del ruolo che le dà la sua divisa grigia. Avevo fissato l’appuntamento da un mese e più, ma non sapevo se quella mattina avrei avuto finalmente qualche croce da buttarle addosso. Ho aspettato che si aprissero le porte e mi sono caracollato dentro senza pensarci. Una volta superata quella maledetta soglia ed entrato nell’ufficio le parole mi sono venute fuori senza alcun intoppo, nessun tartagliare o incespicare o sudare freddo.


Intanto della mia infelicità! E di quella di tutti gli altri!”, “Bene. La devo avvisare però che questa colpa mi è stata già ampiamente consegnata. Anche a nome suo, come ha fatto lei a nome degli altri. Ha qualcosa di meno inflazionato?

L’ho guardata. L’aspetto dimesso, occhiaie, pallida, capelli sporchi… ma ancora in grado di sopportare ben altro. Ho pensato che sanno veramente scegliere bene il personale. Una cosa del genere mi avrebbe ammazzato dopo poche ore, invece quella se ne stava lì da quasi un anno! Ancora in salute e pronta!


Mi ha sollecitato con cortesia, dicendomi che non poteva darmi troppo tempo, che c’era già una fila chilometrica a cui dare sfogo. …gente senza appuntamento che alla prima sollecitazione viene qui e ci rende il lavoro insopportabile. Del resto… siamo qui apposta no?”....


Meno inflazionato… magari originale. Ma che cazzo si può avere di veramente originale per incolpare qualcuno come si deve, a parte qualche cazzata? Ma come ho detto, le parole mi venivano fuori a valanga.

Del mio terrore di lasciarmi andare…”, “Béh, anche questo è molto gettonato…”. “…e della incapacità di godere delle cose belle.

Mi guardava con un che d’insofferenza. Sapevo che era roba comune, ma le sue occhiate di commiserazione non mi intimidivano. “E della mia maledetta voglia di tenermi tutto dentro per cogliere l’occasione di vomitarlo addosso a lei!

Per un istante si è come bloccata. Non capiva se avevo commesso l’errore di confessarle l’imbroglio o se c’era altro. Però sembrava sapesse che non sarei stato così stupido da fregarmi da solo confessando il pretesto per sfruttare il servizio pubblico. Quei due o tre secondi d’incertezza mi hanno ispirato. “E lei è la responsabile assoluta della mia dipendenza da questo ufficio!! Oramai non riesco più a dare colpe ad altri che non a lei.” Ha sorriso. Anche io.

Ho sentito quel benessere indescrivibile che si prova a vomitare addosso a qualcuno le proprie debolezze senza nessuna remora. Quel piacere sublime d’incolpare chiunque tranne sé stessi per ogni deficienza che ci si porta addosso.

Era meglio di quando l’ho fatto con i miei genitori, meglio che con le mie due ex mogli, meglio che con il mio capo, mio fratello, amici di una vita… In quell’istante ho capito quanto quel lavoro fosse straordinario, magico e al tempo stesso maledettamente concreto ed efficiente. Ammettendo la mia dipendenza da lei, dal suo ufficio, mi sono scrollato in un secondo tonnellate di rimorsi. “Per colpa sua ho sbagliato con la mia ex e non l’ho mai incolpata di nulla! Ed ora sono a pezzi per come l’ho trattata bene! Lei è la responsabile assoluta della mia buona condotta!” Avrei continuato per ore se fosse stato possibile, ma i miei cinque minuti erano scaduti e fuori c’era la fila che rumoreggiava. In ogni caso non avevo intenzione di andare via dopo il solito “Grazie! Prendo atto di quanto sia mia la responsabilità se…” etc. etc. e le ho chiesto di venire a cena con me una di queste sere.

Ha sorriso ancora, ma stavolta era diverso. C’era una luce cattiva e vendicativa nei suoi occhi. Una piacevolissima sorpresa. Quell’aspetto da martire mi ha sempre fatto schifo, inibito. Ma è vero che quando ti muovi come il padrone della tua vita è negli angoli più impensabili che trovi le sorprese! Ho subito immaginato le cattiverie che ci saremmo detti prima e dopo scopate infami e violente. “Va bene. Ho il tuo numero, ti chiamo io appena ho finito e fissiamo!


Ci faremo male, lo so. Tanto male!


La fila di fuori è Nik.

venerdì, settembre 04, 2009


AGENZIA D’AMORE INFALLIBILE

La ‘Comme Une Pingoin Agencies’ (CUPA) è la più efficiente agenzia di ‘Cuori in Contatto Costante’ le tre C, come recita il suo slogan. Fondata nel 1896 a Parigi come Agenzia matrimoniale 'Tout l’Amour de le Monde', meglio nota come TAM fino ad un ventennio fa, oggi è di fatto una mega multinazionale della caccia al partner. Quotata in borsa da quasi mezzo secolo non ha mai conosciuto crisi, nemmeno negli anni della Chiocciola, il ventennio in cui le persone sembravano essersi rintanate in sé stesse, nelle loro carriere, nei loro autoreferenti meccanismi emotivi , una sorta di ermafroditismo emotivo e sociale. “La nostra materia prima è la paura della solitudine…” ripete regolarmente il presidente Jacques Moillard alle assemblee dei soci, “…ed è inesauribile, gratuita e di grande duttilità!

La CUPA ha messo a punto un sistema ben differente da qualunque altro in circolazione per determinare affinità ed interessi tra individui. Un sistema talmente efficiente che parte di esso è adottato come valutazione profili psicologici da diverse agenzie investigative di stato e private. Sistema di cui custodisce gelosamente ogni dettaglio da qualsiasi curioso. Non fa uso dei soliti test informatici, schede e dati sulla persona. “Le persone che immettono informazioni con le classiche schede di valutazione ci forniscono un’idea di cosa desiderano essere molto più di quello che sono!” afferma con convinzione Mariannette Voleauvent la direttrice del centro elaborazioni affinità, “Per questa ragione i nostri questionari non trattano in alcun modo dati su quanto attenga all’autopercezione del proprio profilo emotivo e psicologico.” Infatti, la CUPA chiede ai propri clienti una ‘due giorni’ di valutazioni, spesso un fine settimana, in cui farà svolgere loro una serie di compiti: da attività manuali ad attività creative e di coordinamento, oltre ad interviste di gruppo sulle loro abitudini e necessità giornaliere. Cominciando dal lavoro: cosa, dove e come; per finire con tutte le altre, dal cimentarsi col cibo, come e cosa mangiano, se e come cucinano, rapporto con l’arte e la cultura, la politica, tipo di amicizia, igiene propria e pulizie in generale, la guida e la scelta dell’auto o della moto, il tipo ideale di vacanza, riposo, hobby, etc. etc. Il tema Amore o Relazione non è mai menzionato né si permette che sia tirato in ballo seppur indirettamente.

Il successo delle nostre proposte riguarda il 77,5% dei casi. Potremmo dire che riusciamo nel 110% dei casi, ma noi parliamo di Successo e non di relazioni avviate!” Conclude la Voleauvent.


Due giornalisti spagnoli, Federico Cueilla e Luisa Pranez, desideravano condurre un’inchiesta sulla CUPA e si presentarono nella centralissima sede di Calle de Ventura Rodriguez di Madrid: tre piani immediatamente sopra il famoso ristorante Ginos. Versarono la sostanziosa cifra di 5.000 euro a testa e seguirono l’iter imposto. In breve cominciarono a ricevere inviti per appuntamenti ad hoc. Dopo qualche incontro, organizzato appositamente per ‘tastare’ la disponibilità relazionale dei due, ci fu il silenzio da parte dell’agenzia. Intanto Luisa fu fatta oggetto di messaggi ed attenzioni da parte di un misterioso corteggiatore. Lo stesso avvenne per Federico. Niente di che, pensarono scambiandosi le informazioni, c’era da aspettarselo. Ma i messaggi e i piccoli regali, la peculiarità delle attenzioni che ricevevano, non erano classificabili come un generico paccume di banalità o smancerie. Centravano sempre il bersaglio. Dopo tre mesi di silenzio da parte dell’agenzia, nonostante le continue sollecitazioni dei due per riprendere gli appuntamenti allo scopo di fornirsi di testimonianze video-registrate di nascosto circa metodi e strategie utilizzate dalla CUPA, cominciarono a pensare che non c’era niente da scoprire in più della solita mega illusione meglio confezionata. Infatti il loro editore li indusse a lasciar perdere. Sei mesi dopo la fine della fallimentare inchiesta, Luisa e Federico, l’uno all’oscuro dell’altro, si decisero a dare un appuntamento ai rispettivi spasimanti. “Fu per qualcosa di più che curiosità! Oramai quella misteriosa corteggiatrice mi sembrava più intima di qualunque altra persona che conoscessi.” Disse Federico, “Lui mi aveva mandato una grafica di Mirò riprodotta su acciaio da Manuel Castillo, perfetta per la mia piccola collezione! Non potevo fare a meno di chiedermi ‘cosa c’è di male se lo conosco?’ E allora…” confessò Luisa. L’appuntamento nel posto ad entrambi gradito, il padiglione di arte moderna del Museo del Prado e la successiva cena prevista ai Giardini dello Shan-gri-là, abbatterono ogni remora e Federico Cueilla e Luisa Pranez si trovarono faccia a faccia! La CUPA aveva sostituito, con coerenza, capacità e persistenza, ognuno dei due nel corteggiare il possibile partner! Si sono arrabbiati? Indignati? Sappiate solo che adesso Federico e Luisa vivono insieme ed hanno un bambino. Un classico lieto fine? Mica ci sarà un risvolto inaspettato e drammatico da rivelare? Oppure adesso viene il bello? (pensavo a me )

Ma… alla fine di quanto scritto cosa c’è di così interessante? Cosa direbbe questa breve cronaca che non abbiano già detto trionfalmente i peggiori depliant della agenzie matrimoniali?

Intanto che la CUPA sarà fondata tra 5 anni. Forse. Con altro nome magari. Che non è mai esistita la TAM. Forse. Con altro nome magari. Poi… che la manipolazione può raggiungere chiunque, persino il lettore che per qualche minuto o secondo ha creduto, più o meno, a quanto esposto. Infine, che non sempre cronache del futuro possibile si discostino da obiettivi già in essere.

In conclusione… Parliamo d’amore, dài! Ed ecco che continua il periodo dello stronzo. Forse. Con un altro nome magari. O magari no.


Nik agente Cupa


martedì, agosto 18, 2009

DEFICIT DI STATO

DEFICIT DI STATO

- Pareggeremo il bilancio entro il 2011 - Nessun sacrificio sarà chiesto agli italiani. Basta!

Il campanello dell’ingresso squillava con insistenza snervante. Mara andò ad aprire già pronta a sfanculare per bene chiunque si stava permettendo tanta strafottente impazienza. Appena spalancata la porta blindata gli precipitò la saliva nello stomaco insieme alla lista di rimproveri che si era preparata. Due energumeni simili ad un incrocio tra un lupo mannaro ed un armadio la fissavano. Barbe incolte e un ricamo di cicatrici levavano il coraggio persino di respirare. Uno dei due chiese con tono secco ma impropriamente cortese. “Mario Cecchini è in casa?”. Mara annuì senza pensarci. Non riusciva a fare altro che fissarli terrorizzata. “Fai ù piacer! Chiamatillo subbito!” Mara non iuscì a trattenere una risatina tremolante. La voce dell’altro tizio, quello più brutto e minaccioso, era qualcosa di inudibile! Simile ad una scorreggiona da palloncino, sottile sottile e incredibilmente effeminata. Rideva nonostante fosse terrorizzata dallo sguardo torvo dei due. Annuì rapida e si dileguò in casa singhiozzando risatine isteriche.

Un minuto dopo Mario intercettò i due che si erano già infilati nel salotto. Era stato avvertito dalla moglie di non ridere qualora il grosso parlasse. “Ci dev’essere un errore…” Farfugliò Mario alla vista dei due, mentre il sudore era ghiaccio fuso per la schiena. Fu l’altro a rispondere, il non castrato, come gli aveva decritto Marta. “Lo sai chi siamo?”, “Mi dispiace… non credo…!” rispose Mario con quanto più tatto poteva imporre alla sua natura rissosa. Prese il foglio che gli porsero e cominciò a scorrere rapidamente le righe del decreto ingiuntivo. “Questo è l’atto definitivo. Il saldo del debito di Tuo padre e del resto! Ti tocca! Che fai? Ci segui o ti accoppiamo qui? Per noi è lo stesso. Poi so cazzi dei tuoi a ripulire dal sangue!” Diceva il tizio mentre l’eunuco annuiva cattivo. Man mano che leggeva Mario riprendeva sicurezza e il suo faccione cominciava a tornare roseo. Una volta finito osservò quei due con un che di disgusto. “Non se ne parla! Questo non vale niente! Prima che morisse mio padre ho rinunciato ad ogni diritto ereditario… perciò…” Lanciò un urlo alla moglie affinché portasse l’atto di rinuncia. Marta arrivò di corsa con le carte tra le mani e le porse molto meno intimorita ai due. Questi a loro volta diedero una lettura rapida e iniziarono a sorridere. “Bello!...” disse l’eunuco scatenando di nuovo una reazione di risate irrefrenabili in Marta. Lui la ignorò continuando deciso. “…sti carte sono note u giudice! Ma l’imbegno ca ti si priso è andecedent! Mò te lo recit io l’imbegn…” Tirò fuori una pubblicazione con il timbro dello stato, aprì una pagina già segnata e gli lesse quanto spiegava la loro pretesa.

In sintesi la faccenda era la seguente: Appena nato, per scelta e volontà dei genitori, i quali erano consci dello stato delle cose, il nascituro si vedeva accollare parte del deficit pubblico, come da oltre cinquant’anni a questa parte. Stava ai genitori risolvere il proprio precedente carico e quello dei figli, e questo debito non poteva considerarsi assolto con nessuna rinuncia postuma. Prima di farlo nascere i suoi avrebbero dovuto rinunciare alla patria potestà per affrancarlo della loro parte del debito se non risolto. In ogni caso la sua porzione di deficit se la trovava comunque appiccicata addosso. Ora, morti i genitori, i quali entrambi non avevano ottemperato al risanamento della Loro quota di deficit pubblico e nemmeno a quella ereditata dai loro genitori, e via fino alla quarta generazione… la somma era tale che non c’era altra soluzione se non vendere parte degli organi del debitore come risarcimento. Mario impallidì di nuovo. Aveva sentito che a qualcuno era capitata qualcosa di simile, ma credeva che si trattasse di mezze seghe incapaci, di falliti! Non aveva mai preso in considerazione che una cosa del genere potesse sfiorarlo, non ad uno pieno d’iniziativa ed in gamba come lui. “Voglio chiamare il mio avvocato” si lamentò. “Fai pure, è un tuo diritto. Digli che ci sono gli avvocati Loschi e Falcetti per il 666 bis! Lui capirà.

Al telefono l’avvocato Mazzocchini confermò ogni parola. “E’ una scelta a campione. Servono trecentomila… soggetti sani e ancora giovani. Sono tutti d’accordo… Stiamo battendoci per una sospensione della legge, ma si punta a dimezzare le vittime, non ad eliminare la normativa. Se non cede lei… Si rifaranno sui suoi figli appena diventano maggiorenni. Provi chiedere una dilazione… insista, vedrà che trova un accordo!


Alla fine Mario seguì i due appena date le istruzioni alla moglie per il dopo. Dopo un primo momento di sconforto aveva pensato che era necessario. Michele aveva già sedici anni e sarebbe stato impensabile che si sacrificasse al suo posto. Cosa che non avevano fatto suo padre e sua madre.

Mentre la macchina dei due bestioni lo portava all’ospedale Santi Martiri di Stato, gli venne in mente l’argomento dilazione. “Ma non si potrebbe fare una dilazione? Dice il mio avvocato che se volete…no? Ho due figli, una moglie malata… dieci dipendenti che senza me perdono tutto… sono anche volontario della protezione civile.” I due si scambiarono un’occhiata, poi l’eunuco gli si rivolse serio. “E’ possibile… proprio stamattina hanno chiest urgente due palle! Quelle valen assai! Più du fegat, du polmone e del cuore tutt’assiem! Si ci stai ti mietti a posto! Ma… il dieci per cento a noi!” Mario accettò senza pensarci troppo. Meglio castrato che morto! I due sorrisero e in breve gli spiegarono la procedura. L’altro, quello più umano nell’aspetto, addirittura si lasciò andare a confidenze e raccontò come sarebbe stato possibile, dopo, fare il loro lavoro. “Non servono le palle… ma pelo!” e scoppiò a ridere. Intanto il suo socio si adombrava fino a quando stroncò la risata con un “Bast mò! Piezz’è merd!

Mario capì ma non si sentì per nulla solidale col castrato. Anzi. Si affrettò a pensare al dopo. Tutto sommato… riportava a casa la pelle e avrebbe trovato il modo di evitare un’altra rata. C’era sempre la speranza che la legge venisse sospesa… o che si trovasse una scappatoia all’Italiana. Ma non gli tornavano i conti e prima di scendere dalla vettura chiese ai due: “Come mai i testicoli valgono più di organi vitali?” I due si guardarono ancora una volta prima di rispondere: “Sono cinquant’anni che di palle ce n’è poche!” e si avviarono verso lo staff medico che li stava attendendo. Mario si accarezzò i testicoli, guardò la scena, sospirò un paio di volte e li seguì. In quel momento notò che l’altro, quello ridanciano, avanzava con uno sbalzo d’anca, dondolando come uno scimpanzé.


Nik - astrat(t)o


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venerdì, agosto 07, 2009

BANDIERE PADANE SUL TRICOLORE ROMANO

BANDIERE PADANE SUL TRICOLORE ROMANO




Si! Venga venga!… toh! Ma varda là! L’è un fijoi! Va lì che bel faccino… vien su, vien su!
Salii la rampa esterna delle scale fino al primo piano, in quel cortile vecchio e muffo, dove si affacciavano corone di balaustre in vecchio ferro ritorto, che menavano su porte e finestre in ogni stato, da marcescenti a fresche di vernice, pensando che la miseria aveva una inaspettata capacità di resistenza persino al nord ricco ed industrializzato. Intanto la donna continuava a dimenare la mano per farmi accelerare il passo. Era una tizia di mezza età, con un trucco pesante e i capelli tinti di recente con il classico bordo marroncino intorno allo scalpo. Conciata com’era dava l’impressione di essere in procinto di girare una scena in un film di Fellini.
Alùra! T’ei un professorino, né? Va tu che roba! T’ei un fenumen… un genio, al dis el professur Mosca!
Le feci una smorfia di circostanza prima di chiarire che non ero un professore e che il soprannome “O’ Filosofo” mi derivava da tutt’altro ambiente che non quello accademico o locale. Ma quella era tutta eccitata, non smetteva un istante di gracchiare in un dialetto che faticavo a comprendere. Mi fece entrare lesta in casa sua, una delle poche con la porta e le due finestre immacolate di vernice lucente, uno smalto verde vomitella, che sembravano richiamare il tema Muffa del Nord degli intonaci esterni.
“Va lì che ne ho poco di tempo da buttar via! Dunque, l’affitto l’è di cinquantamila, tre meis sul palmo più el meis che l’è già ‘n curs! L’apartament l’è chi di front, una bella stanzetta, cucinina e uno sgabussino bell’e gros! el bagno… il viccì, l’è propri lì, sul ballatoio di fianco, subìt fora a destra a la porta. Ce l’ho detto al professùr: Niente drogati, lazzaroni e terùn! Che siamo già pieni!”
Mi venne da ridere. Lei mi guardò contenta, come se avessi approvato parola per parola. Cominciò a versare del caffè da un bricco che aveva appena levato dal fuoco. Un caffè annacquato che ribolliva cattivo e colloso. Al solo guardarlo mi fece venire in mente quando da piccolo giocavo con le mie amiche a Mamma e Figli e queste miscelavano acqua e terriccio che poi si fingeva fosse uno splendido caffè. Un giorno ne ho mandato giù un sorso ed ho continuato a sputacchiare disgustato per un paio di giorni. Presi la tazzina senza nessuna intenzione di portarla alla bocca e sorrisi di nuovo.
Va ti che bel suris! Si vede né che sei di buona famiglia. Un po' con sti cavei da capellone… ma siete giovani! Alùra, ch’el dis? Va bene?”
La squadrai per bene, soffermandomi involontariamente sulle enormi tette strizzate dal busto che sembravano gridare aiuto. Presi fiato e iniziai con un lungo ed asettico “Ma….” Lei non colse quanto mi approssimavo a dire, anzi! Mi mise una mano sulla bocca, sorrise scuotendo la testa e si affrettò a mettere in chiaro che se era per le ragazze, quella era una palazzina per bene, nonostante i meridionali e certa gente che prima o poi avrebbe sbattuto fuori, ma siccome ero una persona a ‘modino’ e si vedeva che non avrei creato problemi, avrebbe chiuso un occhio, purché ci si capisse. A questo punto la bloccai.
“No, guardi…”
“Bon! Facciamo che questo mese che l’è quasi a metà va via così. L’anticipo però…”
“Facciamo che le do novantamila per tre mesi, visto che il cesso è sul ballatoio. Come mi ha detto il professore!”

Si bloccò cessando ogni moina e buona grazia. Osservò con disappunto la tazzina del caffè lasciata integra. Fece un passo indietro e mi chiese severa.
“Tu sei mica il filosofo che diceva il professore!”
“Si. Sò io, signò! Ma non sono un filosofo, mi chiamano Il Filosofo!”

Calcai la mano del terrone nelle sue orecchie. Tanto già lo sapevo come sarebbe andata a finire. Invece lei se ne stava in silenzio, contrariata e nervosa, che si agitava sulla gamba facendo ondeggiare le due tettone. Battè forte le mani un paio di volte, nel classico gesto di frustrazione e rabbia incontenibile. Un popolare gesto teatrale comune a molte latitudini.
Ma tu dimme, madonna mia… se me devo trovà sempre a esse cojonata! No, dico, à regazzì! Ma ce lo sapevi che so romana e me sei stato a pijà per culo?
No. Ma perché si è messa a fare la milanese, torinese o che ne so?”
“Bello mio! Qua si nu ffai er nordico coi controcazzi nu piji na lira da sta gente! Tanto più se sei de Roma! I mejo alla fine so i morti de fame… ma quelli der posto… sai quanno je stai sur gozzo? Appena ponno te fanno nera!”


Nera. Che profezia. 1976.

Roba vecchia. La bandiera padana al posto del tricolore c’era già.

Nik ex turista e no emigrante.

sabato, maggio 02, 2009

LETTERA DI UN ALLEGRO RIVOLUZIONARIO.

LETTERA DI UN ALLEGRO RIVOLUZIONARIO.

Tratto dall'omonimo racconto.

Per la legge sul Testamento Biotonico

Miei cari amici e parenti. Ho studiato e analizzato ogni aspetto di questa faccenda. Comunque si voglia affrontarla non riusciremo ad evitare l’intervento della giustizia. Infatti, la legge che è stata approvata con larga maggioranza ha persino valore retroattivo. Il mio avvocato mi ha specificato quanto ci interessa:

Nel disegno di legge, anticipato con il decreto 6969 del 22 ottobre 2010, e convertito in legge il 2 febbraio del 2011 , non è prevista alcuna eccezione o attenuante al reato di felicità, determinati dalla semplice allegria. Pertanto le manifestazione di gioia, siano esse commesse in privato che in pubblico, rientrano nella lista dei reati previsti dalla suddetta legge…”

Dunque, amici miei, dovremo usare la massima prudenza e quando ci si vede, soprattutto in pubblico, sarà opportuno evitare ogni manifestazione d’affetto e di felicità. Per quanto commesso, seppure involontariamente e istintivamente, ci vedremo trascinati davanti ad un giudice. Perlomeno io, che sono il bersaglio principale. A meno che il comitato scientifico non decida presto in merito al Testamento Biotonico, dove si riconosce l’importanza del buon umore, delle manifestazioni di allegria e di affetto come elementi vitali per la sopravvivenza della razza umana. Ma ne dubito. Le forze conservatrici che ci si oppongono sono tante e ben agguerrite. La più radicale e avversa è quella catto-comportamentistica che individua nella sola accettazione della sofferenza il corretto atteggiamento di un individuo. Questa gente, che come tutti sappiamo nel chiuso dei loro recinti infrange ogni regola, considera la serena accettazione degli altri modelli di vita come un pericolo mortale, figurarsi una laica felicità. Non meno pericolose le stesse forze laiche che sopravvivono sui principi della paura ad oltranza, dei timori per un nemico, dell’uniformismo come oggetto di verifica. Infatti, i diversi confondono la sorveglianza, il controllo, e se sono gioiosamente avversi alle loro regole, dunque senza paura, vanno abbattuti. Per non parlare dei grandi poteri economici! Gente allegra, piena di buoni sentimenti, ha priorità diverse che non il consumo ad oltranza o il soggiacere nella compulsione al possesso come placebo per il terrore di vivere, cos' abilmente instillato ogni giorno!
Ma voglio inviarvi un messaggio di speranza. Altrove nel mondo serpeggia la ribellione e alcuni paesi hanno inserito modifiche sostanziali alla legge contro la felicità. Per ora è solo un piccolo passo, ma si sa che le maree montano in forza con il progredire delle distanze.
Per questo che v’invito a partecipare numerosi, ciascuno abbigliato in modo diverso dai dettami generali, alla grande marcia dell’allegria che si terrà l’estate prossima. Dovrete raccogliere molte altre adesioni e a tale proposito vi invito a diffondere il nostro libretto umoristico. Fatene diverse copie e servitevi esclusivamente del circuito clandestino. Tra barzellette e aneddoti, storielle buffe, comicità esilarante, strapperemo qualche sorriso e questo, sapete bene, renderà irreversibile l’assuefazione all’allegria e successivamente alla felicità. Vi raccomando solo di usare la massima prudenza. Qualora dovessi finire incarcerato, o mi dovesse capitare qualcosa, non interrompete la vostra vitale azione. Se la marcia avrà successo, anche da noi le cose dovranno cambiare. Immaginate migliaia e migliaia di persone che ostentano allegria, buon umore, affettuosità in una pacifica marcia di disobbedienza civile! Chi ne resterà indenne? Chi potrà cancellare un simile ricordo?...

Seconda parte.

Mentre scrivevo un’irruzione dei corpi speciali mi ha tratto in arresto. Ho fatto appena in tempo ad ingoiare la prima parte della lettera e l’intero libro. Ho avuto diarrea e vomito per due giorni, e in seguito sono peggiorato. Ho pensato che era la carta di riso su cui scrivevo ad essere guasta. Posso solo garantirvi che il testo non è caduto nelle loro mani. Ho tutto a memoria! Nel primo mese d’isolamento sono stato ricoverato più volte in infermeria. Ho scoperto che non era la carta ingoiata il problema, ma l’inchiostro! Per prudenza, come sapete, ci serviamo di sostanze commestibili per scriverci e stampare il nostro materiale, e il ragù, che ho usato come inchiostro, era rancido. Lo conservavo in frigo per non rifare ogni volta le scorte. Sapete anche che non sento odori, per cui… Ma niente di drammatico, anzi! Ho conosciuto una guardia con la sindrome del buon umore ed è stato facile convertirlo alle nostre idee. Sarà lui a portare fuori da queste mura questa lettera. Dopo il primo mese di isolamento mi hanno concesso di tornare in cella. I miei compagni sono tutti prigionieri politici come me. Due di loro appartengono al movimento dei nostalgici della democrazia e sono stati i primi ad aderire al nostro movimento. Gli altri sono boss della malavita, gente che controlla lo spaccio illegale di comicità.
Vi posso anticipare che tra il nostro movimento, i democratici e gli spacciatori di comicità, è nato un accordo. I boss hanno molti contatti e si sono offerti di aiutarmi a sopravvivere qui dentro, anche se non sono propensi a far legalizzare quanto gli rende così bene tramite i loro circuiti criminali. Ci aiuteremo l’uno con l’altro pur fingendo di pestarci e odiarci davanti alle telecamere di sorveglianza. Ognuno di noi ha il suo vantaggio in questa alleanza, per ora. Noi riceveremo informazioni dalla gente sul loro libro paga e potremo coinvolgere qualche loro uomo nei nostri obiettivi, e loro potranno trovare appoggi strategici per lo smercio del loro materiale e coperture insospettabili.
Lo so che è rischioso, alla fine siamo concorrenti se non avversari, ma il tutto è nato da un’idea improvvisa. I democratici mi hanno informato che il carcere e le rigide restrizioni impediscono a questa gente di fare uso regolare della loro stessa merce a cui sono assuefatti, e che farebbero di tutto pur di avere dosi regolari. E qui c’e stato il lampo nella mia mente: so tutto a memoria e ogni giorno gli faccio fare qualche risata. Finché il repertorio dura me la caverò, ma è urgente che mi facciate avere altro materiale. Per carità, accertatevi che carta e inchiostri siano freschi!
Non abbiate scrupoli sul fatto di servirsi della criminalità, non ci siamo mai accorti di quanto potrebbero esserci utili, e va da sé che nella vittoria del nostro ideale non saranno più criminali! Così come siamo considerati noi adesso. Giusto?

Un abbraccio a tutti voi! e felicità per tutti!


Nik Redian comico in prigione
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